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TESTO INTEGRALE DELL' IMPUGNATIVA DEL COMMISSARIO DELLO STATO
TESTO INTEGRALE DELL' IMPUGNATIVA DEL COMMISSARIO DELLO STATO
Commissariato dello Stato per la
Regione Siciliana
ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
R O M A
L’Assemblea Regionale Siciliana, nella seduta del 14 dicembre 2010, ha
approvato il disegno di legge n. 645 dal titolo “Proroga di interventi per l’esercizio
finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato”,
pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 28 dello
Statuto speciale, il 17 dicembre 2010.
In particolare, le disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 4; nell’articolo 6,
commi 2, 4 e 7; nell’articolo 10 commi 1 e 2; nell’articolo 11 si ritengono in contrasto
con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione in quanto prevedono direttamente e/o
indirettamente procedure e modalità diverse dal concorso pubblico per l’accesso nei ruoli
delle pubbliche amministrazioni.
Codesta eccellentissima Corte, infatti, nella sentenza n. 293 del 2009 ha affermato
che la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni “è
rappresentata da una selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul
merito ed aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente ed obiettivamente
definiti. Il rispetto di tale criterio è condizione necessaria per assicurare che
l’amministrazione pubblica risponda ai principi della democrazia dell’efficienza e
dell’imparzialità”.
Inoltre, sempre secondo codesta Eccellentissima Corte “il concorso pubblico è
innanzitutto, condizione per la piena realizzazione del diritto di partecipazione
all’esercizio delle funzioni pubbliche da parte di tutti i cittadini”.
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La procedura concorsuale “consente infatti ai cittadini di accedere ai pubblici
uffici in condizione di uguaglianza e <<senza altre distinzioni che quella delle loro virtù
e dei loro talenti>>”.
Il concorso, chiarisce sempre codesta Corte nella sentenza n. 205 del 2004, “è
meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione, cioè al principio
di buon andamento, sancito dall’articolo 97, 1° comma, Cost.
Il reclutamento dei dipendenti in base al merito si riflette, migliorandolo, sul
rendimento delle pubbliche amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai cittadini.
Il concorso pubblico garantisce il rispetto del principio di imparzialità, enunciato
dall’articolo 97 e sviluppato dall’articolo 98 Cost.”
Nella sentenza n. 453 del 1990 codesta Eccellentissima Corte ha altresì affermato
che “il concorso impedisce che il reclutamento dei pubblici impiegati avvenga in base a
criteri di appartenenza politica e garantisca, in tal modo, un certo grado di distinzione fra
l’azione del Governo, <<normalmente legata agli interessi di una parte politica>> e
quella dell’amministrazione <<vincolata invece ad agire senza distinzione di parti
politiche, al fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate
nell’ordinamento>>. Sotto tale profilo il concorso rappresenta pertanto <<il metodo
migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in
condizioni di imparzialità ed al servizio esclusivo della nazione>>”.
Codesta Corte, altresì, ha progressivamente precisato e circoscritto l’ampiezza
della deroga al principio del pubblico concorso che può essere stabilita con legge.
Nella sentenza n. 453 del 1990 ha, infatti, affermato che “anche le modalità
organizzative e procedurali del concorso devono ispirarsi al rispetto rigoroso del
principio di imparzialità”. Conseguentemente non qualsiasi procedura selettiva, diretta
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all’accertamento della professionalità dei candidati, può dirsi di per se compatibile con il
principio del concorso pubblico in quanto quest’ultimo non è rispettato nell’ipotesi in cui
le selezioni sono caratterizzate da arbitrarie forme di restrizioni dei soggetti legittimati a
parteciparvi (ex plurimis sentenza n. 194 del 2002).
Codesta Corte infine ha chiarito che “al concorso pubblico deve riconoscersi un
ambito di applicazione ampio, tale da non includere soltanto le ipotesi di assunzione di
soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni” (sentenza n. 34 del
2004).
Il concorso è necessario anche in caso di nuovo inquadramento di dipendenti già
in servizio (sentenza n. 1 del 1999) e di trasformazione di rapporti non di ruolo in
rapporti di ruolo (sentenza n. 205 del 2004).
Sotto quest’ultimo profilo codesta Corte, con ormai consolidata giurisprudenza, ha
precisato i limiti entro i quali si può consentire al legislatore di disporre procedure di
stabilizzazioni di personale precario che derogano al principio del concorso (ex plurimis
sentenze n. 81 e n. 363 del 2006).
Sono infatti ritenute legittime le deroghe al pubblico concorso solo “in presenza di
peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alla peculiarità delle
funzioni che il personale reclutato è chiamato a svolgere e dalla specifica professionalità
maturata da quest’ultimo che facciano ritenere che la deroga alla procedura selettiva
aperta sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione,
non essendo sufficiente la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti
abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione pubblica, né la
personale aspettativa degli aspiranti ad una misura di stabilizzazione” (sentenza n.
81/2006).
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Alla luce dei principi costituzionali e secondo i sopra richiamati consolidati
orientamenti giurisprudenziali non ci si può esimere dal sottoporre al vaglio di codesta
Eccellentissima Corte le disposizioni regionali che di seguito analiticamente si
censurano.
L’art. 1, 4° comma che si trascrive, si pone in evidente contrasto con gli articoli 3,
51 e 97 della Costituzione:
“4. i contratti di lavoro stipulati ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 30 ottobre
1995, n. 76 e successive modifiche ed integrazioni e dell’art. 1 della legge regionale 28
giugno 2010 n. 14, possono essere prorogati, nei limiti degli stanziamenti di bilancio,
fino al 31 dicembre 2011, osservando i periodi di discontinuità previsti dal comma 3
dell’art. 5 del D. Leg.vo 6 settembre 2001, n. 368. Le garanzie occupazionali di cui
all’art. 1, comma 2, della legge regionale 1° febbraio 2006 n. 4, e dall’art. 1 della legge
regionale n. 28 giugno 2010, n. 14, sono confermate, nei limiti degli stanziamenti di
bilancio, fino al 31 dicembre 2011. Per le finalità del presente comma è autorizzata, per
l’esercizio finanziario 2011 la spesa di 24.852 migliaia di euro. I relativi oneri trovano
riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per il triennio 2010-2012 UPB 4.2.1.5.2.
accantonamento 1001.”
La norma “de qua” infatti nella sostanza autorizza la generalizzata proroga, per un
ulteriore anno, di tutti i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dai consorzi di
bonifica senza alcuna correlazione, come può evincersi dalla relazione illustrativa al testo
normativo redatta dalla competente commissione legislativa permanente, ad esigenze
obiettive, specifiche e particolari delle amministrazioni. Siffatta proroga non è peraltro
connessa né all’avvio di procedure per la progressiva stabilizzazione del personale
precario né all’attuazione dell’art. 14, commi 24 bis e 24 ter del decreto legge n.
78/2010, convertito in legge n. 122/2010. Al riguardo, si osserva che il legislatore, a
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differenza di quanto disposto per le altre proroghe di rapporti di lavoro previsti dalla
presente delibera legislativa, non ha fatto esplicito riferimento alla norma statale. Dai
chiarimenti forniti dagli Uffici regionali (all. 1), ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 488/1969, i
destinatari della disposizione sono oltre 300 alcuni dei quali avrebbero già avviato
“azioni giudiziarie volte alla dichiarazione di nullità del termine nel relativo contratto di
lavoro e conseguente trasformazione dello stesso a tempo indeterminato”.
La proroga dei rapporti di lavoro in questione si connota quindi come uno
strumento surrettizio per consentire l’immissione definitiva in ruolo dei dipendenti in
questione indipendentemente da qualsiasi forma di procedura selettiva pubblica nonché
dalla necessaria, preventiva verifica dei fabbisogni di personale degli enti medesimi e
dalla conseguente programmazione delle assunzioni.
La disposizione inoltre, nel consentire il consolidarsi di situazioni di precariato,
potrebbe alimentare ulteriore contenzioso giudiziario con inevitabile aggravio delle
finanze degli enti pubblici in evidente contrasto con il principio dl buon andamento della
P.A.
La norma in questione, non solo non delimita i presupposti per l’esercizio del
potere di proroga dei contratti, non essendo la stessa subordinata all’accertamento di
specifiche necessità funzionali dell’amministrazione, ma anche non consente una
selezione del personale i cui contratti di lavoro sono prorogati, poiché non risulta prevista
alcuna procedura imparziale ed obiettiva di verifica dell’attività svolta e della
qualificazione professionale dei lavoratori destinatari della disposizione (sentenza C.C. n.
363/2006 e n. 215/2009).
Invero, al di là delle comprensibili e condivisibili aspettative personali dei
destinatari della norma, non risulta sussistere, né è stato evidenziato nei lavori preparatori
della legge, alcun motivo di pubblico interesse che possa legittimare una deroga al
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principio del concorso aperto a soggetti esterni all’amministrazione né, tanto meno, è
desumibile dai chiarimenti forniti, sulle funzioni amministrative ed esecutive svolte da
questo personale alcuna peculiarità che, in astratto, possa giustificare una prevalenza
dell’interesse ad una sua ulteriore utilizzazione rispetto a quello di assicurare l’accesso
all’impiego pubblico dei più capaci e meritevoli ed, in tal senso, l’imparzialità ed il buon
andamento dell’amministrazione pubblica.
I commi 2 e 4 dell’art.6 che integralmente si riportano, si ritengono anche esse in
contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione.
“2. Per il triennio 2011-2013 le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 5, nel
rispetto dei vincoli di cui al comma 1, possono procedere, altresì, alla stabilizzazione a
tempo indeterminato del personale utilizzato con contratti a tempo determinato in essere,
stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, destinatario del regime transitorio dei lavori
socialmente utili di cui al fondo unico del precariato istituito dall’articolo 71 della legge
regionale 17/2004, con un’anzianità complessiva non inferiore a 8 anni nell’ultimo
decennio per attività lavorativa e/o per utilizzazione in attività socialmente utili e che
abbia avuto accesso al lavoro e/o all’utilizzazione mediante procedure selettive di natura
concorsuali o previste da norme di legge”.
“4. alle procedure di stabilizzazione di cui al presente articolo non si applica la
limitazione alle qualifiche di cui all’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 nei casi di
specifiche necessità funzionali e organizzative rappresentate nella programmazione
triennale dei fabbisogni e, nell’interesse pubblico, anche al fine di consolidare le
esperienze professionali già maturate all’interno dell’amministrazione”;
Il 2° comma introduce, infatti, criteri diversi da quelli richiesti dall’art. 1, comma
558 della legge n. 296/2006 per individuare i beneficiari delle procedure di
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stabilizzazione previste dall’art. 17 commi 10, 11 e 12 del D.L. n. 78/2009, convertito in
legge n. 102/2009. Il disporre, infatti, che si faccia riferimento al personale con contratti
a tempo determinato in essere stipulati anteriormente al 31 dicembre 2009, anzicchè
all’anno 2007, amplia la portata, in misura non quantificabile, delle procedure di
stabilizzazione del precariato previste dall’impianto normativo statale, ritenuto da
codesta Corte unica legittima eccezione, in quanto giustificata da esigenze di interesse
pubblico (ex plurimis sent. n. 150/2010), alla regola del pubblico concorso.
L’eventuale applicazione della norma regionale de qua, in combinato disposto con
il 4° comma, estende le previsioni dell’art. 16 della legge n. 56 del 1987, relative alle
assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivi -funzionali per i quali è
richiesto il titolo di studio della scuola dell’obbligo, alle qualifiche superiori per le quali
è necessario il diploma e/o la laurea; configurando così una singolare modalità di
privilegiato e semplificato accesso alla P.A. lesiva del principio del concorso pubblico
quale strumento ineludibile di ingresso nel pubblico impiego come più volte ribadito da
costante e consolidata giurisprudenza costituzionale (ex plurimis sent. N. 205/2004, n.
159/2005, n. 190/2005 e n. 205/2006).
Le disposizioni in questione danno luogo ad un trattamento differenziato rispetto
al personale precario di tutte le altre amministrazioni pubbliche ponendosi in contrasto
con la normativa statale di riferimento e quindi violano i principi di ragionevolezza
imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione eccedendo la
competenza statutaria di cui all’art. 14 lett. o) e q) con specifico riferimento al principio
del pubblico concorso che costituisce “la regola per l’accesso all’impiego alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (sentenza n. 81/2006).
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Esse infatti contrastano con quanto affermato dall’art. 17, commi da 10 a 13 del
D.L. n. 78/2009 convertito in legge n. 102/2009 che, con riferimento alla generalità delle
pubbliche amministrazioni, stabiliscono determinate specifiche modalità di
valorizzazione delle esperienze professionali acquisite attraverso l’espletamento di
concorsi pubblici, con parziale riserva di posti.
Parimenti censurabile per violazione degli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione è
la norma contenuta nel comma 7 del medesimo art. 6 secondo cui
“7. In applicazione dei commi 558 e 560 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre
2006, n. 296, e del comma 94 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, gli enti
locali, senza alcun onere a carico della regione, procedono a stabilizzare a tempo
indeterminato il personale assunto, con contratto a tempo determinato in essere, tramite
concorso pubblico che abbia previsto il superamento di una prova scritta ed una orale e le
cui figure professionali siano previste nella dotazione organica dell’ente”.
La disposta trasformazione dei rapporti di lavoro da tempo determinato a tempo
indeterminato si risolve invero in una deroga ingiustificata alla regola del concorso
pubblico.
“La circostanza che il personale suscettibile di essere stabilizzato senza alcuna
prova selettiva sia stato a suo tempo assunto con contratto a tempo determinato, sulla
base di un pubblico concorso, per effetto della diversità di qualificazione richiesta dalle
assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato non offre adeguate garanzie
nè della sussistenza della professionalità necessaria per il suo stabile inquadramento nei
ruoli degli enti locali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive”
(sentenza n. 235/2009).
Il previo superamento di una qualsiasi prova scritta ed una orale è infatti un
requisito troppo generico per autorizzare la successiva stabilizzazione senza concorso, in
quanto la norma in questione non garantisce che il previo concorso sia riferibile alla
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tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato sarà
chiamato a svolgere.
L’art. 11 estende, al 31 dicembre 2014, il termine previsto per le riserve, le priorità
e le precedenze e preferenze in favore dei lavoratori destinatari del regime transitorio dei
lavori socialmente utili, per i concorsi pubblici e per le assunzione di cui all’art. 5 della
L.R. n. 16/2006, norma questa che peraltro ha cessato di produrre i suoi effetti sin dal 31
dicembre 2007.
In proposito codesta Corte nella sentenza n. 205/2006 ha chiarito che “l’aver
prestato attività a tempo determinato alle dipendenze dell’ amministrazione regionale
non può essere considerato ex se, ed in mancanza di altre particolari e straordinarie
ragioni, un valido presupposto per una riserva di posti”.
Orbene, la disposizione censurata essendo riferita indistintamente a tutti coloro
che hanno svolto una qualsiasi attività in favore delle amministrazioni pubbliche operanti
nella Regione nell’arco di oltre un decennio non identifica, come richiesto dalla
giurisprudenza di codesta Corte, alcuna peculiare situazione giustificatrice della deroga
al principio di cui all’art. 97, 3° comma della Costituzione. Essa appare piuttosto
costituire un privilegio a favore di una vasta categoria di persone che riduce
indebitamente la possibilità di accesso dall’esterno, violando il carattere pubblico del
concorso (sentenza n. 34/2004) e conseguentemente i principi di imparzialità e buon
andamento dell’amministrazione
Al riguardo, nella sentenza n. 100 del 2010 codesta Corte ha espressamente
chiarito che sebbene in passato siano state ritenute legittime procedure riservate “la più
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recente giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come sia necessario, affinché sia
assicurata la generalità del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost., che l’area delle
eccezioni alla regola sia delimitata in modo rigoroso”. Le deroghe sono legittime solo in
presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico ricollegabili alle
funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente
all’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali che facciano ritenere che
la deroga al principio del concorso pubblico sia funzionale al buon andamento
dell’amministrazione. Situazione questa già tenuta in debita considerazione dalla
normativa statale in materia di stabilizzazione dei lavoratori precari per la generalità
delle pubbliche amministrazioni con le previste riserve di posti nei concorsi, cui si
aggiungerebbe quella ora disposta dal legislatore regionale, riducendo, e quasi
escludendo nella sostanza, la possibilità di accesso dall’esterno nelle procedure
concorsuali delle istituzioni ed enti pubblici operanti nella regione.
Del pari in contrasto con gli articoli 3, 51, 97 oltrechè dell’art.81, 4° comma della
Costituzione si pongono le disposizioni contenute nell’art.10.
Detto articolo, infatti dispone l’erogazione per un decennio di contributi a carico
del bilancio regionale alle amministrazioni pubbliche che attuino le procedure di
stabilizzazione previste dal provvedimento legislativo in esame.
Si prevede peraltro che i contributi verranno corrisposti, secondo quanto disposto
dal 2° comma, anche nel caso di mancata assunzione a tempo indeterminato per
mancanza dei presupposti previsti dall’art.6 per le procedure di reclutamento e saranno
riconosciuti “anche in caso di prosecuzione”, in costanza di rapporto, dei contratti a
tempo determinato attualmente in essere.
La disposizione quindi sostanzialmente consente la proroga indiscriminata e
generalizzata sino al 2023 di tutti i rapporti di lavoro precario, in evidente violazione
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degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione per le argomentazioni già svolte nel corpo del
presente atto di gravame, senza peraltro prevedere, in contrasto con l’art.81, 4 comma
della Costituzione, in alcun modo la copertura dei rilevanti oneri finanziari a carico degli
esercizi futuri, indicando le necessarie risorse con cui farvi fronte.
Codesta Ecc.ma Corte ha espressamente chiarito in proposito, nella sentenza
n.359/2007, che il legislatore regionale non può sottrarsi a quella fondamentale esigenza
di chiarezza e solidità di bilancio cui l’art.81 della Costituzione si ispira, affermando
altresì che la copertura di nuove spese deve essere credibile, sufficientemente sicura, non
arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare negli
esercizi futuri (sentenza 213/2008).
Orbene, nell’ipotesi in esame la legge nulla dispone quanto alla copertura
finanziaria degli oneri di spesa quantificati in 314.100 migliaia di euro annui per gli
esercizi successivi al 2012, limitandosi a prevedere al comma 2 dell’art.13 che “agli
oneri a regime riferiti all’art.10 si provvede, per gli anni successivi all’esercizio
finanziario 2010, per la corrispondente quota, a carico della medesima spesa annua
continuativa autorizzata ai sensi dell’art.71 della legge regionale 28.12.2004 n.17”.
Questa ultima disposizione richiamata tuttavia, piuttosto che indicare le risorse
finanziarie con cui fare fronte alla spesa, ha istituito nel bilancio regionale il capitolo
321301, denominato fondo unico per il precariato e ne ha disciplinato l’utilizzazione
autorizzando, per l’assunzione degli impegni, il ricorso all’art.11, comma 6 della L.R.
47/1977.
Nè tantomeno dai chiarimenti forniti dall’amministrazione regionale ai sensi
dell’art.3 DPR 488/1969 (All.2) possono evincersi elementi idonei ad identificare le
necessarie risorse finanziarie. Non è stata infatti redatta dall’amministrazione regionale
la relazione tecnica sulla quantificazione degli oneri e sulla correlata copertura
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finanziaria di cui all’art.7 comma 2 L.R. 47/1977 in quanto “ la materia delle
stabilizzazioni è stata di iniziativa parlamentare” .
Invero, l’indicazione in bilancio di uno o più capitoli relativi a una o più spese,
non può di per sé significare che per quelle spese sia soddisfatta l’esigenza di
indicazione della corrispondente copertura voluta dall’art.81 ultimo comma della
Costituzione (sentenza C.C. n.66/1959) né, tantomeno, si può sostenere che la copertura
di nuove spese di carattere permanente può essere correttamente operata mediante il
richiamo a capitoli già previsti in bilancio (sent.C.C. n.123/1975).
Codesta Corte in proposito ha affermato nella sentenza n.31/1961 che l’obbligo
del legislatore di indicare i mezzi di copertura di una nuova o maggiore spesa non può
ritenersi assolto mediante l’autorizzazione ad iscrizioni nel bilancio. Tali iscrizioni non
producono e non possono produrre alcun effetto di per sé ove non trovino corrispondenza
in una legge sostanziale che preveda la spesa nonché i mezzi per farvi fronte.
E’ infatti tautologico e non risolutivo ai fini del rispetto dell’art.81 della
Costituzione (sentenza C.C. n. 135/1968) legittimare la mancata indicazione della
copertura della spesa nella legge di autorizzazione con l’inserzione della stessa nelle
successive leggi di bilancio. L’inserzione della spesa nelle successive leggi di bilancio
sarebbe, infatti, sorretta da una previsione legislativa priva dell’indispensabile
indicazione dei mezzi di copertura.
L’art.15 si ritiene essere in contrasto con gli artt.81, 4° comma e 97 della
Costituzione in quanto, quasi a conclusione dell’esercizio finanziario, introduce
nell’elenco delle spese obbligatorie, allegate alla legge di approvazione del bilancio di
previsione per il corrente anno n.12/2010, i capitoli 443302 e 443305. Gli impegni
assunti e assumibili su tali capitoli sono attinenti al trasferimento di finanziamenti in
favore degli enti parco e degli enti gestori delle riserve naturali per le spese di impianto e
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gestione e la dotazione annuale degli stessi viene determinata in considerazione delle
disponibilità delle risorse e in funzione dell’equilibro tra entrate ed uscite del documento
finanziario.
Il considerare come obbligatorie le spese imputabili sui menzionati capitoli
comporterebbe per l’amministrazione regionale l’obbligo del pagamento a piè di lista
degli oneri assunti dagli enti in questione, senza possibilità di intervenire sul controllo
degli stessi, di quantificarne preventivamente l’ammontare nonché di individuare la
copertura finanziaria necessaria ai sensi dell’art.81, 4° comma Cost., in caso di
incremento rispetto alla previsione di bilancio inizialmente autorizzata. Per le spese
imputabili ai capitoli in questione sarebbe, infatti, autorizzato in caso di incapienza degli
stessi il ricorso a variazioni di bilancio anche “allo scoperto” con prelievi dal fondo per
le spese obbligatorie e d’ordine, con conseguente alterazione dell’equilibrio economico
finanziario del bilancio.
La disposizione è da ritenersi particolarmente pericolosa per il mantenimento dei
saldi pubblici poiché, nel rendere incontrollabile la spesa nel settore, potrebbe
ulteriormente peggiorare la situazione del bilancio regionale, che presenta, secondo
quanto rilevabile dall’analisi dei conti consuntivi dell’ultimo triennio, un deficit
strutturale di circa 1.500 milioni di euro all’anno.
L’art. 2, 1 comma, secondo periodo - nella parte in cui prevede che al personale
dell’Ente Autonomo Fiera di Palermo e dell’Ente Autonomo Fiera di Messina si applica
per un anno “la disciplina sulle modalità di utilizzazioni previste per il personale
dell’area speciale transitoria ad esaurimento istituita presso la RESAIS S.p.A.” - si
ritiene essere in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Esso infatti estende per un limitato lasso temporale ai dipendenti di enti autonomi
tuttora formalmente esistenti ed operanti, sebbene prossimi alla liquidazione, il
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trattamento riservato al personale proveniente dai soppressi enti pubblici economici della
Regione e confluito in una società a totale partecipazione regionale.
Anche condividendo le ragioni del legislatore che intenderebbe mantenere
inalterati i livelli occupazionali dei lavoratori, non ci si può esimere dal censurare la
disposizione che, parificando situazioni differenti ed obiettivamente non omogenee, è
fonte di disparità di trattamento rispetto alla generalità di dipendenti di altri enti prossimi
alla liquidazione, anticipando soluzioni che dovrebbero, piuttosto, essere rinvenute nei
principi generali in materia di mobilità del personale nei casi di trasferimento o
conferimento di attività di cui all’articolo 31 del decreto legislativo n. 165/2001
(sentenze C.C. n. 108, n. 194 e n. 366 del 2006).
PER I MOTIVI SUESPOSTI
e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il
sottoscritto prefetto Avv. Demetrio Missineo, Vice Commissario dello Stato per la
Regione Siciliana, ai sensi dell’art. 28 dello Statuto Speciale, con il presente atto
I M P U G N A
I sottoelencati articoli del disegno di legge n. 645 dal titolo “Proroga di interventi per
l’esercizio finanziario 2011. Misure di stabilizzazione dei rapporti di lavoro a tempo
determinato”, approvato dall’Assemblea Regionale Siciliana il 14 dicembre 2010:
- art. 1, comma 4 primo periodo; art. 6 commi 2, 4 e 7; art. 11 per violazione degli
articoli 3, 51 e 97 della Costituzione;
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-art. 10, commi 1 e 2 per violazione degli articoli 3, 51, 97 e 81, comma 4 della
Costituzione;
- art. 13, commi 2 ultimo periodo e 4 per violazione dell’articolo 81, comma 4 della
Costituzione;
- art. 15 per violazione art. 81, comma 4 e 97 della Costituzione;
- art. 2, comma 1, secondo periodo per violazione degli articoli 3 e 97 della
Costituzione
Palermo 21 dicembre 2010
Il Vice Commissario dello Stato
per la Regione Siciliana
(Prefetto Demetrio Missineo)
N O T I F I C A
l’anno duemiladieci, il giorno 21 del mese di dicembre in Palermo, alle ore su
istanza del Sig. Vice Commissario dello Stato per la Regione Siciliana.
Io sottoscritto Messo comunale ho notificato e dato copia del presente al Presidente della
Regione siciliana consegnandolo nella sua sede a mano di
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