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17/09/2013 - La politica restituisca dignità ai precari siciliani

La politica restituisca dignità ai precari siciliani di Fedro C’è un cancro che da troppo tempo aggredisce la Sicilia e che nessun governo sembra voler affrontare in maniera organica e definitiva: la degenerazione di un precariato oramai ingestibile che impedisce a migliaia di famiglie di stabilizzare la propria posizione lavorativa e migliorare le proprie aspettative di vita. Per la verità non è che lo Stato faccia di megli, come si evince dalla manifestazione di ieri a Catania che ha visto scendere in piazza i precari dell scuola; centinaia di lavoratori abbandonati a sè stessi e vittime di graduatorie che sembrano non esaurirsi mai. Un vizio italico che ha trovato in Sicilia la sua maggiore espressione e che ha determinato la creazione di un esercito di lavoratori da anni sospesi in una sorta di limbo occupazionale con numeri da rabbrividire: stimare oggi in oltre 40.000 i precari che, a vario titolo, collaborano con la Regione, alcuni tra l’altro da decenni, ed alcuni addirittura alla soglia dell’età pensionabile, non è un’esagerazione, ma anzi ua stima prudente. Lavoratori che ogni anno, a volte anche ogni semestre, a causa della pessima abitudine di drogare gli stumenti di programmazione finanziaria da parte dei governi e dell’Assemblea Regioanle, sono costretti ad attendere, quasi come se fosse un favore, la proroga di turno, che regolarmente arriva alla mezzanotte dell’ultimo giorno utile, dopo che ciascuno di loro ha dato fondo agli ultimi residui di dignità professionale ed umana in un estenuante tour delle segreterie politiche. Uomini e donne, a volte intere famiglie, che dopo 20 anni sono costretti a questuare una prorooga dietro alla porta del potente di turno, come se non si trattasse di un loro diritto, o come se la speranza di essere finalmente stabilizzati non dovesse mai appartenergli. Con tutte le problematiche che ne conseguono: l’impossibilità ad accedere ad un mutuo bancatio per l’acquisto della casa, la mancanza iu una busta paga “regolare” che fa storcere il naso persino al concessionario dell’utilitaria che si vorrebbe acquistare per andare al lavoro. Precari a vita, condannati, quasi si trattasse di una pena accessoria, alla marginalità sociale, ma buoni per alimentare il pascolo della cattiva politica, quella che fa del bisogno un elemento moltiplicatore del consenso. Nessun progetto di governo dovrebbe prescindere dalla stabilizazione dei precari in Sicilia; messuna priorità dovrebbe risultare più impellente per il Parlamento. Altrimenti nessun messaggio che promette nuova occupazione potrà mai essere giudicato credibile: come può ispirare fiducia in migliaia di disoccupati un presidente, un gruppo politico, persino un semplice deputato, o promettere lavoro a chi non ce l’ha, se poi non riesce a renderlo tale per altrettante migliaia di persone che da anni prestano la loro opera per l’Ente Regione? E nessuno ci venga a dire che la colpa è dei lavoratori e della cattiva politica; nessuno di loro è andato ad occupare abusivamente un ufficio, una scrivania, un cantiere; ciascuno di loro è stato chiamato dall’ente per cui prestano servizio o ha partecipato ad una proceura di selezione, cosiccome gli era stato indicato. Nessuno si arroghi il diritto di raccontare che il momdo gira al contrario e che, magari, la colpa del loro precariato è da addossare agli stessi lavoratori che si sono dati da fare per trovare un’occupazione fino ad allora negata. Chi ne ha il potere ponga fine a questo incredibile scempio sociale; la ricerca dell’equità, della giustizia sociale, anche della legalità, parte proprio da qui: rendere definitivo il lavoro precario e non certo scatenare una guerra tra poveri alimentando l’illusione di creare nuovi modelli di finto lavoro. Per ottenere questi risultati bisogna che la classe politica si dimostri seria, cosciente e, soprattutto chiara. A patire proprio dai cantieri di lavoor e dalle polemiche che attorno all’iniziativa stanno sorgendo; specificare che si tratta di lavoro temporaneo, e non precario, e che i prescelti non dovranno dire grazie a nessuno, tranne che, paradossalmente, alla loro povertà, sarebbe un salto di qualità già eccezionale per tutta la politica siciliana. http://www.blogsicilia.it/fedro/209113/209113/


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