08/02/2010 - Lo sviluppo locale nei Paesi dell’Ue. Ecco come cambierà l’agricoltura in Europa con la “Strategia di Lisbona”


«Le aree rurali coprono circa il 90% del territorio Ue e ospitano il 50% della sua popolazione». Inizia così il rapporto che la Commissione europea ha formulato il 2 febbraio 2005, meglio noto come “Strategia di Lisbona”.

Si tratta di un vero e proprio decalogo dello sviluppo rurale che mette in evidenza l’importanza di quelle aree spesso definite marginali solo per la loro bassa densità di popolazione, ma che a dispetto dell’accezione negativa che si attribuisce a questo termine possono offrire molto all’economia di intere nazioni. Per questo dopo Lisbona molte sono state le iniziative di informazione e di sensibilizzazione in tutta Europa. Tra queste gli incontri che Euromed carrefour Sicilia ha realizzato in collaborazione col dipartimento Interventi infrastrutturali dell’assessorato regionale all’Agricoltura. Si tratta di una serie di seminari che hanno dato l’opportunità a sei Paesi dell’Unione europea di confrontarsi, in un momento in cui iniziano a essere pubblicati i primi bandi della nuova programmazione.

Per la loro valenza internazionale gli incontri si collocano, inoltre, nell’ambito di un progetto che coinvolge Spagna, Portogallo, Francia, Romania, Lettonia e Bulgaria, e che per il suo taglio altamente divulgativo è stato cofinanziato dalla Direzione generale Agricoltura della Commissione europea, nell’ambito della linea di finanziamento “Sostegno a favore di azioni di informazione nel settore della politica agricola comune”. Intanto la Sicilia ha a disposizione dello sviluppo locale circa 280 milioni di euro: si tratta di finanziamenti che aiuteranno a sviluppare l’imprenditoria con particolare riguardo alle piccole e medie imprese e alle realtà locali che contribuiscono a rivalutare le tradizioni enogastronomiche tipiche. L’obiettivo primario è quello di evitare lo spopolamento delle campagne.

E mentre l’Isola punta al rilancio delle aree rurali attraverso la diversificazione dell’attività agricola, cosa accade negli altri Paesi Ue? Abbiamo intervistato i rappresentanti di alcune tra le più interessanti realtà in questo particolare momento storico per due ordini di motivi. Il primo gruppo rappresenta quei Paesi che sono riusciti a fare della programmazione vera con i passati fondi europei; al secondo gruppo invece appartengono i cosiddetti ex Peco, ovvero i Paesi dell’Europa orientale che sono entrati nell’Ue a partire dal maggio 2004 (Bulgaria e Romania fanno parte dell’Unione europea dal 2007). Così, Spagna e Portogallo puntano tutto su agroalimentare di qualità e turismo, anche d’élite, facendo affidamento su una eredità infrastrutturale abbastanza solida. Romania, Bulgaria e Lettonia, invece, subordinano il raggiungimento degli stessi obiettivi alla realizzazione di opere infrastrutturali, tra strade e reti Internet, ma anche centri logistici per la raccolta e lo smistamento delle merci.

In questi Paesi, infatti, il ricco patrimonio di tradizioni e storia delle campagne rischia di rimanere isolato non soltanto per la mancanza di viabilità che delimita fisicamente i luoghi, ma anche per l’inadeguatezza della rete dell’informazione, che non permette un’efficace diffusione del sapere e della conoscenza.

Portogallo, il rilancio passa dall’enoturismo e dall’agroalimentare
Sono due le strategie che il governo portoghese ha deciso di mettere in atto per lo sviluppo delle aree rurali: incentivare l’enoturismo e valorizzare l’agroalimentare di qualità. «Relativamente al primo aspetto stiamo creando una strada del vino, cercando di orientare così le aree rurali a un turismo d’élite col vantaggio di trasmettere anche una nuova immagine al vino portoghese» spiega Ricardo Fereira, docente di Economia e politica agraria al Politecnico di Portalegre e coordinatore Europe direct Alto Alentejo. Rispetto al secondo punto, al fine di valorizzare l’agroalimentare di qualità il Portogallo sta iniziando dai prodotti Dop e Igp, che hanno già una loro certificazione. «Per cominciare stiamo puntando su derivati del maiale, creando per la prima volta prodotti trasformati di alta gamma da esportare anche perché a mio avviso le denominazioni di origine hanno senso se i prodotti vengono destinati a un mercato fuori dallo stesso Paese di provenienza» prosegue Fereira. Che conclude: «Altre iniziative riguardano la diffusione della cultura dell’olio extravergine di oliva e il rinnovamento generazionale». Ma che fondi sono disponibili per raggiungere in maniera efficace ed efficiente questi traguardi? La nuova programmazione in Portogallo mette a disposizione oltre 4 miliardi di euro distribuiti nei quattro assi. Più precisamente si tratta di 2 miliardi per il primo, relativo alla competitività aziendale, di 1,77 per il secondo asse relativo al mantenimento di attività nelle zone svantaggiate e di montagna e allo sviluppo dell’agricoltura biologica e integrata, e di 6 milioni circa per il terzo asse. Al Leader che coordinerà i tre assi sono destinati circa 450 milioni di euro.

Spagna, qualità avanti tutta
Col 91% del territorio interessato da aree rurali si può dire che in Spagna le campagne abbiano un ruolo importante. Secondo José Manuel Salvador Minguillon, esperto Leader dell’Antenna Europe direct di Aragona, «nel Paese iberico è possibile distinguere due blocchi differenti: uno più sviluppato in cui c’è una politica molto attiva per i prodotti di qualità, l’altro più rurale dove il governo sta puntando per una integrazione delle attività agricole che, in seguito all’introduzione del disaccoppiamento, appare l’unica strada per uno sviluppo integrato». Anche la Spagna vede nel turismo un’opportunità. Basti pensare che nella provincia di Aragona sono stati stanziati circa 30 milioni per lo sviluppo del turismo rurale. «Più della metà proveniente dal governo regionale e nazionale – conclude Minguillon – poiché con la programmazione 2007-2013 l’Ue si sta concentrando sui nuovi Paesi».

Bulgaria, obiettivo infrastrutture
«Con una programmazione che può contare su oltre 3 miliardi puntiamo al miglioramento delle condizioni delle nostre campagne – dice Julia Doitchinova, docente all’Università di Sofia. «La Bulgaria è un Paese in cui l’economia delle aree rurali dipende molto dall’agricoltura – continua la docente –, che è caratterizzata da una forte disoccupazione, scarso ricambio generazionale e un accentuato abbandono, ma ha un grande potenziale per lo sviluppo del turismo». Obiettivo primario: le infrastrutture.

Romania, 6 mld alle pmi verdi
In Romania l’87,1% del territorio nazionale è rurale e l’economia si basa su poche grandi imprese. «Per questo – spiega Cosmin Salasan, esperto di sviluppo rurale e PhD dell’Università Banat di Timisoara – puntiamo sullo sviluppo della microimpresa (3,97 miliardi sui 9,97 del Psr, ndr), fatta di piccole aziende che autoconsumano i propri prodotti e vendono quelli in eccesso, e per il turismo (2,29 miliardi, ndr) che segue tre direzioni: il turismo rurale propriamente detto, l’agriturismo e il turismo d’élite».

Lettonia, un programma da 1,36 mld che punta sull’informazione
“Informare” è la parola d’ordine della politica di sviluppo rurale in Lettonia. «Nel nostro paese il vero problema, al di là della polverizzazione aziendale e della mancanza di cooperativismo tra le piccole imprese, è la carenza di informazioni – spiega Liene Feldmane, esperta di sviluppo rurale del Latvia Rural Advisory and Training Centre. «Per questo – continua – il governo sta provvedendo a creare delle vere e proprie reti rurali, che in soli due anni potranno rappresentare un efficiente legame tra amministrazione centrale e agricoltori». Il tutto per rendere più efficiente anche l’utilizzo dei fondi stanziati dal Programma di sviluppo rurale che ammontano a un totale di 1,36 miliardi di euro. «In Lettonia è un compito davvero difficile migliorare la fruibilità dei contributi – prosegue Feldmane – soprattutto se si considera che più del 75% della superficie è svantaggiata e che nelle aree rurali manca quasi totalmente l’accesso a Internet. Per dare qualche dato basti considerare che solo l’11% della popolazione rurale utilizza Internet contro il 29% della popolazione urbana». Intanto, dal 2006 il ministro dell’Agricoltura ha selezionato 28 gruppi di azione locale che devono animare l’83% del territorio lettone, in cui vivono 724.243 abitanti. Di questi gruppi, 11 hanno ricevuto supporto metodologico e lavoreranno sulle strategie di sviluppo locale con la nuova programmazione 2007-2013. Gli altri 17 hanno applicato le loro strategie, che sono state valutate positivamente in quanto rispettavano determinanti standard da un punto di vista qualitativo, e hanno ricevuto finanziamenti fino al 30 giugno 2008. «Così – conclude Feldmane – non solo la popolazione rurale può ricevere spunti utili per avviare nuove attività o migliorare la propria, ma le iniziative più interessanti possono essere comunicate alla collettività e rappresentare un esempio da imitare». Fonte Terrà


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